Lo in Giappone 6-14/12/2025



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Diario

Conferenza sul tempo in Giappone! Lo fa due rapidissimi conti e vede che riesce ad arrangiarsi con i corsi grazie alle festivita' propizie quest'anno: non si perdono troppi giorni di lezione. Partenza! Ha scelto di volare con Air China che e' forse la peggiore compagnia del multiverso, ma si guadagnano parecchie ore di viaggio (e' l'unica compagnia che puo' volare nello spazio aereo russo). Soprattutto, al ritorno deve attendere 7 ore a Shanghai e quest'anno gli europei non hanno bisogno di visto per entrare in Cina. Che si riesca magari a visitare questa famosa citta'? Vedremo! Il volo di andata scorre molto liscio a parte la cena fatta di unto speziato condito con unto al sapore di pollo. Si riesce pure a dormire! Lo scalo a Pechino e' buffo: il transito consiste nel passare dall'immigration per andare al terminal domestico, ma come e' possibile?!? Io devo andare in Giappone che non e' certo (ancora) parte della Cina, no? Si chiede un Lo che deve riempire i duecento moduli dell'immigrazione cinese. Lo deve nuovamente passare alla security ed un severissimo e impassibile cinesino gli sequestra il power bank nonostante le rimostranze di Lo: manca una imprescindibile sigla di garanzia "CCC" senza la quale e' impossibile portare i power bank sui voli domestici. Lo insiste che il Giappone non e' una destinazione domestica, ma l'omino e' irremovibile dicendo che il mio volo e' domestico. Lo rinuncia disgustato e abbandona il power bank, sbuffando contro la Cina che riempie il mondo di paccottiglia a basso costo (incluso il suddetto power bank) e poi si inventa queste regole assurde. Certo, gli incendi delle batterie al litio sono pericolosissimi in un aereo, ma non gli risulta sia mai successo se non sui voli cargo... Scopre sgomento che l'omino aveva ragione dopo tutto: il volo non va in Giappone ma fa uno scalo (domestico) a Dalian, sulla costa est cinese. Lo e' curiosissimo di vedere un paese della deep China, cioe' lontano dai posti ricchissimi (Pechino e Chengdu) che ha visitato finora, ma purtroppo per la foschia non si vede molto se non qualche tristissimo caseggiato che bordeggia l'aereoporto con tetti (di lamiera?) azzurri. Lo deve scendere dall'aereo, passare la frontiera cinese (che aveva appena passato un paio di ore prima a Pechino) e risalire sullo stesso aereo sedendosi nello stesso posto! L'aereo pero' e' ora semi-vuoto: non e' un momento felice per i rapporti Cina-Giappone dopo che il premier di quest'ultimo paese ha osato nelle scorse settimane profferire la parola proibita "Taiwan". Lo arriva a Fukuoka nel primo pomeriggio e subito arriva in metropolitana all'albergo. Aveva ovviamente scelto la stanza "stile giapponese" e si trova in uno stanzino poco piu' grande di uno sgabuzzino all'ottavo piano senza letto: si dorme per terra sui tatami. Il bagno e' il solito blocco di plastica che comprende tutto: lavandino, doccia, vasca da bagno e tecnologicissimo gabinetto con un pannello di controllo che sembra la plancia di un Concorde pieno di iconcine istruttive: spruzzino per il sedere, spruzzino per qualcos'altro, riscaldamento, e altre incomprensibili che Lo evita molto accuratamente di sfiorare. Dopo una rapida doccia, Lo si mette d'accordo con il suo collega Alessandro che era arrivato il giorno prima: andiamo a fare un giro! Alessandro propone un tempio poco distante e si gira tra pagode e buffe statue di mostri. All'ingresso bisogna lavarsi le mani ritualmente da una fontana con dei coppini di bambu', poi ci si puo' avvicinare alla pagoda centrale dove bisogna pregare battendo le mani (per svegliare il dio locale?) e poi lanciare una monetina in un armadio. Sembra che ogni tempio abbia un dio diverso. In un capannone e' stato riposto un enorme baldacchino alto una decina di metri con figure di cartapesta di samurai, barche (Fukuoka e' sul mare che fa da colorato sfondo di cartapesta) geishe e altri coloratissimi personaggi. Pare ci sia una processione ogni anno: Lo si immagina la corsa dei ceri di Gubbio. In un angolino c'e' un negozietto in cui uno puo' lasciare il proprio libretto (se non lo si ha, lo si puo' acquistare) e vi viene scritta una specie di poesia (o preghiera?) dentro con molta cura da un calligrafo che lavora con molta cura e molti pennelli giapponesi. Ci si dirige all'Ohori park e ci si gode il tramonto passeggiando amabilmente attraverso il laghetto su una serie di isole concatenate da ponticelli molto giapponesi. E' pieno di turisti e locali che passeggiano. Si sente perfino parlare in italiano da una famigliola a passeggio. Si arriva al giardino giapponese, ma e' chiuso. L'omino ci promette che aprira' alle 18:30 per un evento e aspettiamo volentieri entrando in un bar li' vicino. C'e' un negozietto di Sake' che Alessandro studia con attenzione, visto che e' un profondo estimatore di tale bevanda. Come al solito in Giappone, non conta solo il gusto per quanto riguarda il cibo: tutti i sensi devono essere coinvolti. Quindi e' importantissimo (imprescindibile!) avere la tazza giusta per bere il Sake': deve stimolare gli altri sensi: vista, tatto e olfatto. Quindi deve essere un oggetto bello, deve avere la rugosita' perfetta e una apertura tale che mentre bevi, il naso entri nella tazza. Ci sono tazze di tutti i tipi e prezzi. La piu' costosa (l'equivalentee di circa 800 euri) e' uno sgorbio tutto storto e bozzuto, e con sfumature argentate, ma ovviamente Lo non capisce niente. Le bottiglie di Sake' giacciono in un frigorifero trasparente e hanno prezzi un pochino piu' ragionevoli. Entriamo in un bar li' accanto, sulla riva del lago, e vediamo che hanno un piccolo negozietto di roba alimentare. Si parte da dei sacchetti trasparenti di acciughe secche con banane e si arriva alle tagliatelle di barbabietola ("tagliatelle" scritto in corretto italiano). C'e' perfino il Sake' "Milano" con tanto di bandiera italiana e bottiglie di aceto di miele o qualcosa del genere. Certo che sono strani i giapponesi. Si stanno avvicinando le 18:30 e i nostri eroi si avvicinano al bigliettaio speranzosi. Niente da fare: bisogna comprare i biglietti dal sito (in giapponese) oppure da una macchinetta automatica che pero' non funziona. L'omino ci smanetta per 20 minuti e alla fine vittoria: i nostri eroi hanno il biglietto in pugno. Si mettono in fila insieme a coppiette e a gruppetti di amici: l'eccitazione e' palpabile. Dove ci siamo cacciati? All'ingresso, una ragazza molto graziosa e vestita con un kimono tradizionale, ci fa un elaboratissimo saluto (o benedizione?) in giapponese che conclude aspergendoci con una specie di bacchetta coperta di campanellini. Si vede che e' un po' imbarazzata (l'essere imbarazzati e', secondo Seth, lo sport nazionale giapponese) e ci sorride capendo che noi non capiamo un beneamato nulla. Possiamo ora entrare e siamo accolti (ormai e' buio) da un magnifico giardino giapponese dove si capisce che ogni minima fogliolina e' studiata per apparire non studiata, cioe' "naturale". Al lato del sentiero c'e' uno spiazzo di ghiaia zen, che e' stata rastrellata con i solchi. In sovraimpressione dei proiettori proiettano delle onde che seguono i solchi zen e ci aggiungono dei pescioni che nuotano nella ghiaia e ogni tanto saltano creando onde circolari che graziosamente contrastano le onde zen. Il tutto condito con musica stranissima che esce da potenti casse nascoste. Poi si arriva ad un laghetto coperto di nebbia artificiale attraverso cui si illuminano faretti e proiezioni laser colorati che evidenziano le spirali di nebbia. Gli alberi dall'altro lato del laghetto sono illuminati da potenti proiettori che simulano vari effetti, tipo l'ondeggiare delle fronde nel vento. Molto suggestivo. C'e' una lunga fila e ci spiegano (piu' a gesti che altro) che e' per fare la foto davanti all'enorme Luna di stoffa illuminata poggiata dentro al lago. Tutte le coppiette fanno varie facce e mettono le braccia a forma di cuore davanti alla Luna. Anche Alessandro vuole la foto davanti alla Luna, ma Lo si rifiuta di fare le braccia a forma di cuore, niente di personale contro Alessandro, ma ecco il suo cuore e' altrove... Una breve salitina ci porta ad una minuscolissima pagoda dove battendo le mani (come per una preghiera) un'enorme sfera colorata cambia colore, accompagnata da un sonoro "clang"! Anche il bosco intorno cambia colore, grazie a lunghe strisce di led multicolorate. Lo decide immediatamente che quello sara' il suo prossimo progetto Arduino e inizia a battere le mani alla frequenza del KHz per vedere il bosco multicolorato. Si prosegue in un bosco puntinato da laser verdi fatti passare attraverso a reticoli di diffrazione che pulsano a suon di musica: sembrano torme di lucciole musicali sbrilluccicanti! E' ora di cena e si gira per 2 o 3 anni luce per le strade della citta' alla ricerca di un ristorante. Si passa davanti ad un improbabile parrucchiere dove le ragazze che tagliano i capelli sono vestite da babbi natale in minigonna arancione. Questo posto e' troppo avanti... Finalmente si trova un ristorante "Toc toc" che ha posto per i due poveri occidentali. Il ristorante e' strano perche' c'e' piu' spazio dedicato alla enorme cucina e bancone che allo spazio per i clienti. Ci accomodiamo al bancone e tutti i (numerosissimi) camerieri fanno a gara a cercare di farci capire cosa offre il ristorante in una allegra e chiassosa confusione incomprensibile. Alla fine riusciamo ad ordinare sashimi e the caldo (che arriva invece con i cubetti di ghiaccio). Alessandro e' delusissimo perche' e' molto affamato e continua a ordinare cose. Lo riesce a farsi servire un ottimo onigiri (che si capisce meglio di "ball of rice"). La serata scorre piacevolmente e tutti i camerieri ci sorridono. Alla fine usciamo salutando, ma non riusciamo a vedere il proprietario simpatico. Strano: era stato davanti a noi tutta la sera! Ce lo troviamo fuori dalla porta: era uscito apposta dalla porta del retro per incontrarci fuori per porgerci il biglietto da visita del suo ristorante con un solennissimo inchino! Il giorno dopo, finita la conferenza, il gentilissimo studente Haruki ci scorta in giro. Lo vuole andare a vedere la spiaggia ma Alessandro insiste per andare alla torre di Fukuoka. Sono vicine, no? Iniziamo con la spiaggia. Arriviamo ormai al buio e non si vede un granche', ma c'e' un'enorme pseudo-chiesa su palafitte in stile andaluso, che Haruki insiste a dire serve solo per i matrimoni. Non si puo' dire che la religione giapponese non sia eclettica! Torniamo verso la torre e scopriamo degli improbabili mercatini natalizi, dove si offre "pizza" (o meglio, una specie di bruschetta con pane pomodoro e formaggio), churros e altre improbabili delicatezze internazionali. C'e' perfino una pista di pattinaggio sul ghiaccio e Lo fa il capriccio che vuole fare una pattinata. Haruki e Alessandro volgono gli occhi al cielo, ma lo assecondano. In breve eccoci sul ghiaccio! Haruki si diverte un sacco, ma Alessandro e' in grande imbarazzo. Quando poi gli viene in mente che, se si fa male, non potra' fare immersioni (si e' portato tutta l'attrezzatura per andare a immergersi a Okinawa) gli viene la sincope ed esce immantinente. Lo si destreggia goffamente, ma purtroppo la pista e' piccolina e affollata, e il ghiaccio e' in pessime condizioni. Comunque ci si diverte per un po' e poi possiamo dirigerci alla cena. Rientrando verso la metropolitana veniamo fermati da alcune graziose ragazze. Dice Haruki che vogliono che noi le portiamo a bere. Boh!? In un angolo vediamo uno stranissimo negozio che sembra vendere scafandri per gatti: la vetrina e' fatta da un gatto alto 4 metri in una tuta spaziale. Anche Haruki sembra confuso sullo scopo di tale negozio: che sia una "cattery"? Cioe' un bar dove offrono the e gatto: mentre bevi il gatto puoi accarezzare il the, no, anzi, il viceversa... Chissa'. Rimarra' il dubbio. Il giorno dopo avviene la cena della conferenza: una serie di teglie di sushi e altro nella sala conferenza. Dopo andiamo tutti quanti a bere. Lo si trattiene visibilmente, ma Alessandro si lascia andare ed e' presto visibilmente "allegro": non manca certo l'alcol qui (birra, sake', kiushu e altre stranissime bevande tipo whisky allungato con acqua frizzante) e il mito che i Giapponesi non reggono l'alcol e' chiaramente falso. La serata trascorre con allegria, molta! Il giorno successivo dopo la conferenza Lo e Alessandro si dirigono finalmente verso la torre. Non e' un grattacielo, ma e' solo una struttura di pali di acciaio coperta di vetrate: un grattacielo "finto"! In cima ci sono due piani per i turisti da cui vedere tutta la baia e la citta'. Tutti ci fermiamo fino al tramonto che avviene lungo uno dei versanti delle montagne che circondano la citta'. Il panorama e' molto bello con una enorme baia costellata di isolette da una parte e l'enorme citta' dall'altra. Sono buffe le attrazioni per i turisti: una parete del piano di osservazione e' coperto da monitor che fanno vedere quello che c'e' dietro, ma vengono aggiunti dei particolari: un robottone tipo mazinga zeta che svolazza tra i palazzi oppure una pallina da baseball (c'e' un famoso stadio li' vicino) che arriva e rompe la finestra etc. In un angolo c'e' un enorma cuore di plastica con un complicato pannello di strumenti. Si puo' selezionare il colore, poi ci si mette dentro il cuore tenendosi per mano e ognuno tocca una piastra metallica chiudendo un circuito che fa accendere il cuore del colore precedentemente scelto. Superpacchiano, ma molto molto divertente. Soprattutto le facce delle ragazzine che si divertono a scegliere i colori piu' diversi e poi a farsi fare la foto con il fidanzato. La conferenza finisce giovedi' mattina e viene organizzata la spedizione ad un tempio appena fuori citta': Lo, Alessandro e due gioviali colleghi giapponesi. Dopo un'ora tra treni e metropolitane, arriviamo ad un tempio davanti cui c'e' una lunga strada di negozietti per turisti. Ci si ferma a mangiare un mochi, cioe' un dolcetto giapponese di riso che avvolge un cuore di fagioli rossi. Lo li aveva sempre mangiati freddi e gommosi e invece scopre che vanno mangiati caldi e quasi croccanti. Alla fine della strada sorge un enorme "Tori" massiccio di pietra, il portale di ingresso dell'antichissimo tempio. Dietro iniziano una serie di improbabili statue: un enorme toro accovacciato seguito da una "giraffa cinese" che non ha niente della giraffa e sembra un cavallo con gambe fiammeggianti e testa di leone. A fianco due tozzi "gufi"(?) buffissimi sembrano usciti da un anime di Myazaki. Degli alberi enormissimi costellano i cortili del tempio. Pare siano alberi di canfora e i cartelli sembrano dire che hanno tra i mille e i millecinquecento anni. Sara'... Sicuramente sono splendidi e veramente imponenti. Uno degli alberi e' sdraiato quasi orizzontalmente retto da enormi pilastri di acciaio su un bellissimo laghetto attraversato da un elegante ponte. Chissa' se e' stato fatto crescere cosi' apposta per secoli, oppure e' stato un caso? Sicuramente e' un colpo d'occhio elegantisstimo. Giriamo a lungo nel tempo e ci arrampichiamo sulla collinetta dietro, attraversando tunnel di tori, su richiesta del giapponese piu' gioviale che sembra credere sia un imprescindibile rito religioso. Entrambi i giapponesi si fermano a pregare (preghiera, battito di mani, monetina) davanti alla pagoda principale, che e' chiusa per restauro, ma hanno creato una graziosa pagoda temporanea che ha un bosco di alberi per tetto. Da uno degli edifici laterali spunta un enorme albero dal tetto. Evidentemente l'albero era nel posto dove avrebbe dovuto sorgere uno dei lati del tempio e, invece di abbattere l'albero secolare, hanno deciso di inglobarlo nella struttura! Nel bosco dietro al tempio, dall'altra parte della collina si vede un'inquientantissimo luna park coloratissimo ma completamente abbandonato. Sembra la scenografia perfetta per un terrorizzante film dell'orrore. All'uscita del tempio ci guardiamo tutti i negozietti per turisti che vendono di tutto dai pupazzi dei manga alle bistecche di granchio surgelate. Il giorno dopo Lo e Alessandro hanno ancora un giorno intero da spendere: si decide per una gita a Nagasaki che e' un paio d'ore di treno di distanza. Si prende anche il famoso treno Shinkanzen, che e' il treno superveloce giapponese. Lo tira fuori il telefono (che si e' sincronizzato automaticamente con l'orario giapponese) e commenta per scherzo che il treno e' partito con ben 25 secondi di ritardo, ma si deve rimangiare lo scherzo quando Alessandro gli fa notare che ci vogliono 25 secondi per far chiudere le porte. E' vero: il treno ha chiuso le porte con precisione cronometrica. Lo al rientro arrivera' a Pavia con oltre 45 minuti di ritardo perche' ha perso la coincidenza di 15 minuti. Qui notiamo che la coincidenza tra i due treni che dobbiamo prendere e' di 3 minuti (3!!), ma questo solamente perche' servono per permettere alle persone piu' lente di cambiare treno, altrimenti potrebbero tranquillamente scendere a un minuto senza problema! Arriviamo a Nagasaki e saliamo su un antichissimo tram costellato di modernissimi sistemi di pagamento e schermi lcd, che ci porta al museo della bomba. Come a Hiroshima, anche qui e' molto toccante. Si parte con un filmato (a colori!) del fungo atomico preso da un aereo. E' impressionante vedere che il lampo diventa arancione ad un certo punto: sembra di sentire un grido di angoscia delle 80000 persone che sono morte in quell'istante. Poi si prosegue con immagini fortissimi di ragazzini che portano in braccio a cavalcioni i fratellini carbonizzati, donne ustionate che cercano disperatamente di allattare il bimbo piu' morto che vivo, campi di detriti costellati di teschi come fossero sassi, e cadaveri carbonizzati con pezzi di pali della luce fusi dentro. In mezzo al museo, immense travi di acciaio piegate come fossero pezzi di carta o tubi di sedano si accompagnano alla ricostruzione della parete della cattedrale cattolica con le statue brasate e le colonne disassate che e' uno dei pochi edifici che non era stato completamente appiattito dallo scoppio. In un angolo c'e' la parete di legno di una casa su cui sono state impresse a fuoco le foglie di un albero che evidentemente era li'. C'e' anche la foto di un'altra parete dove la sagoma di una persona e di una scala sono state marchiate a fuoco dall'esplosione nucleare. La persona sara' stata vaporizzata? In una bacheca la ciottola di riso carbonizzato di una bambina della scuola sotto all'epicentro che e' tutto quello che la madre disperata riusci' a trovare di lei e un casco di metallo con ancora mezzo teschio fuso dentro, a fianco ad un pendolo sfasciato ancora fermo alle 11:02, l'orario dello scoppio. Lo si commuove vedendo un paio di semplici occhiali con le lenti completamente fuse che sono rimaste attaccate alla montatura. Le immagini sono fortissime e Lo e Alessandro escono pensierosi: certo che con i folli che occupano ora posizioni di potere nel mondo, lo spettro nucleare e' ancora fortissimo e concludiamo che non possiamo certo escludere che anche noi magari finiremo con una morte cosi' atroce. E pensare che la bomba all'uranio usata a Nagasaki e' poco piu' di un petardo rispetto agli ordigni termonucleari a fusione piu' moderni (che usano tale bomba atomica a fissione come semplice innesco). Ci dirigiamo verso il parco della pace li' di fronte dove statue, fontane e strutture architettoniche vogliono augurare una futura pace libera da atroci armi di distruzione di massa. Effettivamente, cosi' e' stato per un periodo incredibilmente lungo, ma ora che la memoria storica si affievolisce, cosa succedera'? Speriamo non i corsi e i ricorsi storici!! Troviamo una piccola (anzi mastodontica) ragione di speranza nelle sembianze di due enormi alberi secolari di canfora ad un tempio poche centinaia(!!) di metri di distanza. Dopo lo scoppio avevano perso (ovviamente) tutte le foglie ed erano stati spezzati in due dall'esplosione. Tutti erano convinti che fossero morti e cio' aggiungeva alla tristezza di tutte le persone morte. Eppure dopo un po' si ripresero entrambi e ora sono entrambi rigogliosissimi con una enorme chioma di verdeggianti foglie che frusciano nel vento in barba a tutte le tremendita' umane. Sono stati restaurati con estrema cura (con degli enormi "cerotti" di muratura per tappare le crepe) ma sono rigogliosissimi e in piena salute dopo 80 anni dall'esplosione e a oltre mille dalla loro nascita. Certo che se potessero parlare ne racconterebbero di storie! Sono ora (giustamente) un monumento nazionale. Alessandro dice che si sente l'odore di canfora ma Lo prova ad abbracciare la solida corteccia e non sente assolutamente niente, se non la potente solidita' del legno che ha saputo sopravvivere una bomba atomica. Moster rimarra' molto colpita dalla storia di questi alberi e Lo si dispiace che non aveva pensato a portarle una foglia secca. Che storia di assoluta resilienza: gli e' scoppiata una bomba termonucleare accanto (800m piu' in la') e sono rigogliosi e vispi come mai (con solo qualche piccolo segno di acciaccatura!) La forza della vita. Poco vicino c'e' anche il mezzo tori che era il massiccio portale del tempio e che e' l'unica cosa (a parte gli alberi) rimasta. Stranamente la bomba ha buttato giu' uno dei massicci pali di pietra e meta' esatta dell'architrave, ma l'altro palo e l'altra meta' dell'architrave sono rimasti in piedi miracolosamente, anche se l'esplosione lo ha ruotato di trenta gradi. Oggi e' ancora li', altra solida testimonianza di un evento terrificante. Si ritorna verso il centro passando davanti ad un improbabile negozietto di ricetrasmittenti portatili e fisse di ogni marca, misura e potenza. Esistono ancora tali negozi! Riprendiamo il tram e ci dirigiamo verso la Dejima island, che era il trading post olandese dove soggiornavano i marinai olandesi che arrivavano dall'Olanda in estate e ripartivano a novembre a fine '700 inizio '800. E' la principale attrazione turistica di Nagasaki, ma e' tutto completamente ricostruito. Ci aspettavamo un'isola nel mare, ovviamente, invece e' solo un lembo di terra tra due fiumi. Comunque e' interessante scoprire che il Giappone era stato chiuso e completamente isolato per un secolo tranne per quest'unico accesso a Nagasaki con il resto del mondo e come questo punto di accesso abbia fatto da catalisi per una rivoluzione economica e culturale. Chissa' perche' si sono voluti isolare. In un angolino c'e' un plastico in scala 1:10 dell'isola con dei gioviali ragazzini giapponesi con caschetto di plastica giallo (a cosa mai servira'?) che lo demoliscono a martellate. Lo e Alessandro abbandonano l'enclave salutati da un samurai vestito di verde pisello con una lunga katana e si dirigono verso la stazione. Lo ha la magnifica idea di comprarsi una teglia di sushi, ma e' fatto di appiccicosa, filamentosa, e piuttosto disgustosa soia fermentata. Per fortuna si e' comprato anche un onigiri e puo' sopravvivere. Si rientra a Fukuoka e Alessandro parte per Okinawa dove conta di fare immersioni tra gli squali. Lo invece si dirige curioso verso un enorme grande magazzino di fronte alla stazione. E' uno dei mitici "Yodobashi Camera" dove si puo' comprare di tutto. Si parte dai droni tecnici per fotografia, si passa ai proiettori 4k a luce laser (Lo ne ignorava l'esistenza), ai ramponi monopunta tecnici da scalata su ghiaccio, alle cuffie di altissima gamma (Lo ascolta commosso la musica da una cuffia da 800 euri collegato ad un preampli fatto apposta, ma ce n'e' anche da oltre 2000 euro), si possono comprare filtri da trekking per acqua potabile, vestiti di ogni tipo oppure qualunque tipo di elettrodomestici (un bollitore da riso giapponese?) e computer di ogni foggia e misura. All'ultimo piano si possono anche acquistare meloni e banane e cibi vari. Lo acquista i camion dei pompieri giapponesi per i piccoli nipoti e deve scappare prima di acquistare un teleobiettivo da 4 metri. Il giorno dopo Lo si dirige ad un posto che ha scoperto per caso su google maps: uno dei posti piu' strani che Lo abbia mai visto che sembra progettato da qualcuno sotto l'effetto dell'LSD. Un enorme capannone e' diviso in vari settori stranissimi. Nelle prime due stanzone, una serie di proiettori proietta sulle pareti e sul pavimento un buio bosco psichedelico pieno di piante e animali di ogni tipo con improbabili colori che vanno dal fucsia al verde elettrico. Con una app del telefono, si possono "catturare" e scompaiono dalla parete e appaiono nel telefono. Poi, dopo averli studiati (appaiono tutta una serie di dati che diventano sempre di piu' se uno cattura piu' animali) bisogna rilasciarli. Gli animali sulle pareti vengono catturati con un arco e freccie virtuali, mentre quelli sul pavimento gettando le reti. Lo e' impeditissimo e riesce a catturare solo una rana muffita e una scolopendra. Non riesce a catturare neanche un elefante da mezzo metro di distanza: "miss", "miss" continua a dirgli la app. Vabbe' che non ha una mira molto precisa, ma dopo che manca anche una giraffa di 8 metri da una distanza di mezzo metro, decide che ci deve essere qualche problema con il suo telefono. Tutti gli altri sembrano divertirsi un sacco e Lo lascia perdere il telefono e si aggira tra i multicolorati alberi del bosco fucsia. La stanza successiva e' tutta nera, ma un sensore capisce la posizione degli astanti e fa "nascere" dei nugoli di farfalle dai piedi delle persone che iniziano a svolazzare per tutta la parete: se uno allunga una mano, le farfalle attorno alla mano muoiono e cadono a terra dissolvendosi. Poi si entra in una stanza bitorzoluta: enormi semisfere morbide costellano il pavimento e le pareti e sono illuminate dei colori piu' improbabili e cangianti. Se si pestano le sfere dello stesso colore, le sfere esplodono e "nascono" dei bruconi enormi. Picchiando le sfere sulle pareti, scoppiano sonoramente. Ovviamente tutto simulato dai soliti proiettori nel soffitto. Seguendo dei pali tortuosi su cui bisogna stare in equilibrio, si puo' passare alla stanza successiva dove una rete flessibile e' stesa in modo completamente irregolare alla parete. Camminandoci sopra, dei punti luminosi vengono spostati "rotolando" lungo la rete. La stanza successiva contiene degli animali stranissimi: sul pavimento strisciano dei serpenti e lucertole multicolorate e se uno le pesta si spiaccicano rilasciando macchie di "vernice" che rimangono sul pavimento (i bimbi si divertono a saltare su tutti gli animali), poi c'e' una balena rosa a grandezza naturale che nuota nel pavimento. Se la si pesta, si rotola su se stessa, come se volesse farsi grattare la pancia. Intanto degli enormi elefanti (?) fatti di fiori rossi passeggiano lungo le pareti e se uno li tocca si sfaldano rilasciando petali ovunque. Che viaggio! C'e' ancora un'ultima stanza a cui si accede passando attraverso un caleidoscopio a dimensione umana, fatto di un tubo con tre specchi a 60 gradi: uno vede un reticolo tetraedrico con infinite copie di se stesso, il tutto illuminato da luci multicolori. Nell'ultima stanza ci sono degli enormi palloni da 2 metri di diametro che ci si puo' buttare addosso mentre cambiano colore in sincronia, illuminati dall'interno. Un viaggio psichedelico incredibile, ma chi avra' mai pensato una cosa del genere?!? Sono strani i giapponesi. Lo esce con un discreto mal di capoccia, strano, cosa mai potrebbe dolergli la' dentro? C'e' ancora tempo per un rapido giro nel museo di arte di Ohori park, dove ci sono una mescolanza di opere occidentali ed orientali, compreso un quadro di Miro'. Pare che ci sia un quadro di Dali', ma Lo non lo trova da nessuna parte. Alcune opere d'arte sono un po' ingenue, altre sono molto belle. C'e' un fotografo giapponese che ha fatto delle foto in USA, alcune delle quali sono veramente notevoli e un manichino elegantissimo che spara un ramo di ciliegio fiorito da un archibugio medievale. Di corsa all'aereoporto e si rientra in Italia con scalo a Shanghai. Qui Lo tenta un colpo di mano: ci sono quasi 8 ore di stopover, approfittiamo del fatto che non serve il visto per visitare la citta'. In breve Lo passa la frontiera e si trova in metropolitana. Ma dove andare?!? Lo non ha internet in Cina, e comunque Google non funziona li'. Sceglie una fermata a caso che (dalla mappa della linea metropolitana sembri abbastanza centrale) e poi si vedra'. Uscito dalla metropolitana, Lo si segna il punto GPS sul telefono, almeno se ci si perde si riesce a tornare alla fermata! Sperava di sbucare vicino alla famosa skyline di Shanghai, ma niente fortuna: siamo in una piazza circondata da grattacieli, ma non sono quelli piu' famosi. Lo non si perde d'animo e fa un giro in un parco, attraversando un enorme teatro modernissimo dove e' chiaro che sta per iniziare un concerto di flauto di una importante flautista cinese. Il teatro e' una struttura elegantissima e pieno di strane opere d'arte tipo un pianoforte che esplode in un cataclisma di tromboni che esprime in forma buffa le note prodotte da tali strumenti. Dall'altra parte del teatro Lo vede lontanissimo, in fondo a un rettilineo il famoso grattacielo a palline che si vede in tutte le foto di Shanghai e si dirige in quella direzione deciso. Dopo un paio di anni luce improvvisamente sbuca in un'enorme spianata e ha un colpo d'occhio incredibile, i.n.c.r.e.d.i.b.i.l.e. Una distesa infinita di enormi grattacieli tutti illuminati con animazioni multicolori per kilometri e kilometri senza soluzione di continuita'. La mascella gli cade fino al pavimento e scoppia a ridere sonoramente (per fortuna non ci sono cinesi in quel tratto di strada). Si sente come se fosse il contadino di Tattooine ai confini dell'impero che e' stato improvvisamente catapultato nella capitale galattica. In un colpo d'occhio Lo rivaluta ulteriormente la potenza della Cina. Altroche' discussioni su cosa fare riguardo a Taiwan e ad altre questioni cinesi: e' ovvio ed evidente che i cinesi possono fare assolutamente quello che vogliono senza chiedere niente a nessuno. Chi si adegua sopravvive, gli altri sono destinati all'irrilevanza, se va bene. Aiuto, che incredibile colpo d'occhio. Times square a New York e' uno spettacolo di lanterne magiche al confronto. C'e' una specie di lungofiume bordato da una fontana lunga piu' di un km, dove enormi cascate d'acqua cadono direttamente nel fiume, retroilluminate da luci che cambiano colore in continuazione. Termina in un'enorme torre illuminata di rosso che ha delle macchioline gialle che si agitano sopra. E' un monumento di qualche tipo. Lungo il fiume scorre una serie ininterrotta di navi cargo e passeggeri. Una vivace torma di persone e turisti passeggia amabilmente sul lungo fiume, nonostante il vento polare. Lo passeggia per un paio di ere geologiche e poi prende la metropolitana per attraversare il fiume e riesce a fare un'altra passeggiata proprio sotto il famoso grattacielo a palle. C'e' a fianco un centro commerciale dove c'e' un negozio di Disney che vende pupazzetti e un negozio di Arcteryx che quindi effettivamente ha perso la palma della migliore ditta di abbigliamento tecnico da alpinismo ed anche essa (come molte altre prima) e' diventata un marchio fashion, evidentemente. Peccato. Si rientra ora all'aereoporto e avviene l'episodio della ragazza manga: in mentropolitana sale sul vagone una ragazza che e' evidentemente uscita da un fumetto: ha un occhio giallo canarino e l'altro blu eletrico, i capelli con sfumature verdi e fatti a blocchetti come nei fumetti, ha degli improbabili scarponi anfibi alti 40 cm e deve abbracciare disperatamente un palo della metropolitana per evitare di cadere rovinosamente ad ogni curva. Come collana ha un serpente albino avvolto attorno al collo che le ondeggia sul petto ad ogni oscillazione del treno. Discute amabilmente con un suo amico che ha una borsa tapezzata di manga. Chiaramente questo tipo di personaggi esistono solo nelle societa' molto avanti e quindi anche da questo punto di vista la Cina e' avanti! La ragazza scende dal treno ondeggiando sugli instabili scarponi e il ragazzo aiuta gentilmente Lo quando improvvisamente il treno si blocca e si spengono le luci: bisogna scendere e prendere il treno successivo. Lo ringrazia per l'aiuto e ne approfitta per chiedere se la sua amica stava andando ad una festa, ma neanche per sogno: sta tornando da una festa! Il viaggio di rientro scorre via liscio e Lo riesce addirittura a dormire per quasi 8 ore! Ovviamente a Malpensa c'e' una fila di 4 anni luce per il controllo passaporti, e il treno e' in clamoroso ritardo e la coincidenza a Milano e' persa, ben ritornato in Italia!