Lo in Azerbaijan

1-8 Aprile 2018


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Altra avventura Erasmus di Lo che e' riuscito a convincere (con una certa fatica) gli Azeri ad invitarlo a dare un minicorso alla Baku State University. Si parte! Si viaggia con Turkish airlines, che si conferma la compagnia migliore: si possono scegliere i posti durante il check-in e danno da mangiare su tutte le tratte, addirittura con le posate di acciaio. Servizi ormai estinti in qualunque altra compagnia. A Baku, Lo trova ad aspettarlo il povero Kenan con il figlioletto di 5 anni che si sono dovuti sorbire 50 minuti di ritardo dell'aereo di Lo, poveri. Infatti, appena si incontrano devono scappare in bagno, il piccoletto era in zona rossa! Ci dirigiamo a Baku con l'imponente mercedes di Kenan, della quale va molto orgoglioso. Kenan e' molto gentile ed amichevole e subito si fa amicizia. L'albergo e' un po' strano, ma molto pulito e la stanza e' enorme. Il primo albergo mai visto senza ascensore (ma tanto Lo non lo usa mai). La finestra di Lo affaccia dritta sull'ambasciata Afghana e Lo si immagina quante spie americane hanno usato questa stanza prima di lui. La mattina dopo Lo va all'universita' a piedi (l'albergo era scelto apposta), passando davanti ad un negozio di mitra e fucili a pompa: saranno veri? Sembra di si'. Eppure l'Azerbaijan e' uno dei posti piu' sicuri che Lo abbia mai visitato, sembrerebbe che non ci sia nessun crimine. Forse perche' meta' degli abitanti o giu' di li' fa il poliziotto? Ovunque e' pieno di poliziotti, alcuni molto panzuti e molto poco marziali, tutti piu' impegnati a guardare il proprio telefonino che al mantenimento dell'ordine pubblico. All'universita' nessuno dei 10 alla 24 uscieri parla inglese, ma tutti conoscono il Nanoresearch laboratory e indirizzano Lo a gesti con grandi esclamazioni entusiaste: e' chiaro che questo laboratorio e' considerato un'eccellenza locale. Lo viene trascinato in giro per uffici dal simpatico Kenan e conosce il direttore che pure non parla inglese (la vecchia generazione parla solo russo evidentemente, i ragazzi invece spesso parlano anche inglese e gli studenti a cui Lo insegna paiono non avere problemi a seguire). Il direttore e' evidentemente un uomo importante con ben tre segretarie nell'anticamera e addirittura una televisione a circuito chiuso per vedere chi sta davanti alla porta prima di farlo entrare. La segretaria gli porta perfino te' e frutti. Si capisce bene, pero', che e' una persona molto in gamba ed e' molto ammirato. Sta cercando in tutti i modi di portare avanti la ricerca nella sua universita': tutti continuano a ripetere che e' lui che ha creato il Nanoresearch lab, struttura di punta dell'universita'. Lo conosce anche molte altre persone, tra cui Almara, una ragazza di 23 anni che sta facendo il PhD, ha un entusiasmo incredibile per la fisica e tiene quasi piu' corsi di Lo per pagarsi gli studi (seguendo anche le studentesse in laboratorio), e Hebibe, un'insegnante sempre sorridente. Si stabilisce anche un calendario per le lezioni di Lo: si inizia domani. Lo allora si fa spiegare la metropolitana e va a fare un giro per Baku, passeggiando per due o tre anni luce finche' i piedi iniziano a fumare: citta' vecchia, zona commerciale, lungo mare (anzi "mare"), grattacieli delle fiamme o "flame towers" e zona delle rimembranze. La metropolitana e' stile sovietico, cioe' con fermate elegantissime e candelabri di cristallo nella fermata dell'universita'. Purtroppo e' vietatissimo fare foto e Lo viene aspramente redarguito da uno dei 10 alla 50 poliziotti che gli impone (sotto la sua supervisione) di cancellare la compromettentissima foto. La citta' vecchia e' cinta da mura merlate che francamente sembrano nuove. Lo si rende conto che da queste parti non sembra esserci molta differenza tra restaurare e ricostruire (come in Cina?) Dopo aver fatto mezzo giro della cinta, finalmente trova un portale aperto e puo' entrare e girare per i vicoletti tra le case. Alcune sono "restaurate" di recente, altre sono fatiscenti. Lo gira un po' a caso ed arriva al simbolo di Baku, la maiden tower (torre vergine). Non si sa bene perche' si chiami cosi' (forse ci abitava una vergine, o forse non e' mai stata conquistata dai nemici), non si sa bene quando sia stata costruita (la deviazione standard copre da 1 millennio avanti cristo al 1500 dopo cristo: sicuramente ci sono stati vari stadi di costruzione) e non si sa neanche a cosa servisse (un osservatorio? una fortificazione? un santuario per il dio sole?). Insomma non si sa niente della torre, ma e' una struttura molto imponente con mura spessissime e uno strano "naso" da un lato. E' stata anch'essa perfettamente "restaurata" e si puo' salire fino in cima, al costo di qualche zuccata sui contrafforti un po' bassi. C'e' anche un pozzo che (per qualche misterioso motivo) parte dal secondo piano. La torre dei misteri. Dalla cima si vede un bel panorama della citta' vecchia e del lungomare e, in lontananza, anche della citta' nuova: i grattacieli delle fiamme (molto eleganti) a ovest e parecchi grattacieli nuovi (alcuni in costruzione) a est. La citta' di Baku secondo Kenan ha 5 milioni di abitanti, cioe' la maggior parte degli 8 milioni di Azeri abita qui. Eppure non e' caotica, forse grazie agli immensi boulevard stile sovietico che la attraversano. L'Azerbaijan e' molto legata alla Turchia, sia come popolazione, che come lingua (Almara dice che si capiscono benissimo con i Turchi), ma anche la bandiera e' molto simile. Ovunque si vedono referenze alla Turchia (Bazar Istanbul, ristoranti turchi, addirittura farmacie turche). In cima alla torre Lo si fa fare una foto e scopre che gli Azeri sono incapaci di tenere il cellulare orizzontale quando fanno foto: tutte le foto che gli vengono fatte ora e in futuro risulteranno storte! Di fronte alla torre c'e' un cartello che ricorda che quest'anno (fra qualche settimana) ci sara' il campionato di formula uno a Baku e passera' poco lontano. Gli azeri ne sono molto orgogliosi e Kenan e' orgogliosissimo che fara' l'attendente di bordo pista. Dopo la torre, e dopo un po' di girovagare, Lo visita il palazzo degli Shirvanshahs (cioe' gli scia' della famiglia Shirvan). Pare che fosse un'antica famiglia regnante di questa zona. Qui il "restauro" e' talmente marcato che ammettono che il palazzo e' stato in gran parte ricostruito. Pero' non si capisce proprio quali parti sono state ricostruite e quali no. Nel cortile c'e' un muro crivellato di proiettili con davanti uno strano cartello che dice che sono i colpi sparati durante il genocidio armeno, ma qui gli armeni non sono le vittime, bensi' gli autori del genocidio. Lo ha sempre sentito del genocidio opposto: dei Turchi verso gli Armeni, boh! Si vede che qui gli Armeni sono ancora odiati: in effetti la situazione del Nagorno-Karabach non e' ancora risolta e Lo per poter ottenere il visto azero ha dovuto promettere solennemente che non sarebbe andato in quella regione. Il palazzo e' carino, hanno anche cercato di ricostruire la sala del trono dello Scia', basandosi sul racconto del poeta di corte. C'era anche uno scienziato di corte che forse serviva come tutore per i figli dello scia', e la sua tomba, molto bella, e' in un cortile. Si chiama tomba dei dervisci, forse perche' la sua volta fatta di mattoni sembra avvolgersi su se' stessa? Come la mettiamo con la conservazione del momento angolare?!? In un altro cortile c'e' la tomba di famiglia e in un altro c'e' un bellissimo porticato con una magnifica porta intagliata in pietra. Sara' originale questa? Il palazzo aveva anche una specie di terme e/o piscine. Dopo la citta' vecchia, Lo si dirige alla zona commerciale, una specie di via Palestro piena di negozi di vestiti quasi tutti di marche italiane. A proposito di negozi italiani, c'e' un negozio che vende pane e nutella, "Nutelland: spread your love" (gioco di parole: spread=spalma ma anche diffondi). Un sacco di gente passeggia lungo i viali pedonali attorno alla piazza delle fontane, dove diverse fontane fanno da cornice. Lo trova un fornetto e, con non poche difficolta', riesce a comprare un panzerotto di verdure e carne e un paio di pasticcini secchi, entrambi veramente ottimi. Poi si dirige verso il lungo "mare", mentre il sole ormai tramonta. C'e' una scacchiera di 40 metri quadrati con scacchi di plastica alti un metro e piu'. Un vecchietto monosopracciglio (sembra un Neanderthal) sfida un ragazzo dallo sguardo sveglio che si eccita visibilmente per ogni mossa buona che mette a segno. Il ragazzo e' molto aggressivo e sembra in buona posizione, ma il monosopracciglio vince clamorosamente con una mossa da maestro, quando ormai sono ridotti ad una torre e tre pedoni ciascuno. Lo rimane esterrefatto e il ragazzo concede la vittoria con un sorriso e una stretta di mano. E' ormai caduto il crepuscolo e Lo si dirige verso le flame towers, passando davanti ad altri due edifici stranissimi. Uno e' un edificio a forma di cilindro coricato con degli strani disegni geometrici sopra (e' il museo dei tappeti! Spieghera' Kenan) e l'altro e' un incrocio tra il teatro dell'opera di Sidney e un fiore di loto. Il lungomare e' molto ben curato e c'e' un bellissimo parco. In un angolo, cinque dita spuntano attorno ad un albero, come se un gigante stesse raccogliendo l'albero da sotto. I piedi di Lo sono gia' alla temperatura del plasma stellare e colonne di vapori tossici si sollevano dai suoi fedeli anfibi, ma ovviamente la funivia e' chiusa solo (!!) di lunedi' e Lo si deve fare la salita fino alle flame towers a piedi. Vale pero' la pena, perche' le torri sono molto eleganti. Appena fa buio, si scopre che sono completamente coperte di led che disegnano delle immagini sulle facciate delle torri: un'animazione mostra alcuni uomini che sventolano la bandiera dell'Azerbaijan, un'altra fa sembrare che le torri vengano riempite d'acqua (con tanto di fiotto che arriva dall'alto e bollicine), un'altra ancora le fa sembrare in fiamme. Lo, che sta progettando la chitarra luminosa di Claus, si fa ispirare: una chitarra fiammeggiante e' sicuramente molto rock! Certo che fare un'animazione con le fiamme non e' banale affatto. Accanto alle torri c'e' una fiaccola accesa (l'Azerbaijan e' la terra del fuoco) e una moschea che fa un bel contrasto con le torri. Si apre un viale infinito (ormai i piedi di Lo stanno emettendo raggi gamma) fiancheggiato da lapidi (o vere e proprie tombe?) Lo scoprira' che sono i "martiri" che furono uccisi negli anni 90 durante gli scontri per l'indipendenza dall'Unione Sovietica. Il viale termina su una specie di tempio che da' sulla citta' illuminata. Molto suggestivo. Il resto della settimana viene speso tra lezioni e un seminario. Gli studenti sembrano interessati e Lo si stupisce di vedere una stragrande maggioranza di ragazze. "Sono piu' serie e studiose" spiega Almara divertita. Nel corridoio del dipartimento di fisica c'e' un tabellone con le foto di alcuni studenti e Lo chiede spiegazioni incuriosito. Sono gli studenti migliori del corso naturalmente. Tra gli studenti undergraduate ci sono una sparuta minoranza (tre) di maschi, ma gli studenti di master sul tabellone sono tutte ragazze! Pare che nel mondo sovietico e post-sovietico ci siano molti meno pregiudizi e sessismo. Del resto i russi mandarono nello spazio una donna tra i primissimi astronauti, mentre le americane dovettero aspettare piu' di vent'anni, fino all'arrivo dello Space Shuttle negli anni ottanta. L'universita' di Baku e' un palazzone stile sovietico, con, all'ingresso, un busto di un luminare circondato da fiori e guardie con metal detector (che pero' sembrano molto, ma molto rilassate). Tutti i corridoi sono coperti di tappeti e i pavimenti sono di legno. Anche le pareti sono rivestite di decorazioni di legno. C'e' una mensa apposta per i professori (Pavia, impara!) e nel cortile un tendone da circo per una specie di bar per gli studenti, dove pero' Lo verra' spesso a mangiare un'ottima torta secca (costo 0.7 manat, cioe' 30 cents). Lo fa anche un seminario al Nanoresearch laboratory, con tanto di fotografo ufficiale. Arriva anche il mega direttore. A Lo e' stato chiesto di fare una overview della sua ricerca, ma molti degli scienziati del Nanoresearch lab non sono neanche fisici. Lo quindi si tiene molto sul generico e fa una carrellata sulle tecnologie quantistiche. Strategia vincente: tutti seguono attentissimi, evidentemente non hanno mai sentito parlare di questo campo e quando vedono i prototipi dei quantum computers di google e IBM sono eccitatissimi. Perfino il direttore e' attentissimo e si fa tradurre in tempo reale da Hebibe quello che dice Lo. Ci tiene anche a fare domande. Dopo il seminario, Lo decide di visitare il tempio del fuoco, un antichissimo luogo di culto della religione Zoroastriana (si dice cosi' in italiano?), anche se il tempio e' stato costruito dagli Indu'. Pare che Zoroastro (detto anche Zarathustra) sia nato qui in Azerbaijan. Il loro culto riguarda gli elementi: aria, acqua, terra e fuoco. L'Azerbaijan con le sue ricchissime riserve di gas e petrolio se la cava molto bene con il fuoco e il tempio del fuoco e' stato costruito in un luogo dove c'era un fuoco perenne dovuto alle esalazioni di gas dal sottosuolo. Fuoco "perenne", ma solo fino agli anni 60 quando le estrazioni petrolifere hanno esaurito il gas e spento la fiamma. Infatti il tempio e' circondato da pozzi petroliferi. Kenan si offre di accompagnare Lo, ma lui vuole vedere se riesce a cavarsela con i mezzi pubblici. Kenan preoccupato, prepara un foglietto di spiegazioni talmente dettagliate da spiegare anche quale scala mobile Lo avrebbe dovuto prendere. Con le istruzioni di Kenan, Lo arriva in un attimo. L'ultimo tratto e' fatto su un bus sgangheratissimo dove nessuno parla inglese. Ma Lo fa vedere il biglietto di Kenan e ci sono grandi segni di assenso e sorrisi. Si riesce anche a capire che bisogna pagare 0.2 manat (meno di 10 cents) in contanti: qui non si puo' usare l'efficientissimo biglietto elettronico che vale nella metropolitana. Certo che i mezzi pubblici qui non costano niente! Il tempio e' una struttura a quadrilatero con un vasto cortile, una specie di caravanserraglio. In mezzo al cortile c'e' una piccola costruzione ad archi, sotto cui arde il fuoco sacro (credo con carbone ora). Anche qui e' tutto "restaurato" e sembra quasi di stare a disneyland, pero' forse e' stato solo sistemato: non si capisce bene. Il tempio non e' molto antico, risale al 1500 circa: la struttura dei zoroastrani non esiste piu', e' stato costruito dagli indu' che veneravano anch'essi il fuoco. Comunque la religione zoroastriana non e' estinta e ci sono ancora persone che ci credono, tra cui Freddy Mercury dei Queen e la famiglia Tata (una delle famiglie piu' ricche dell'India), anche se sono molto pochi. Dentro le strutture del caravanserraglio ci sono dei buffissimi fantocci di cartapesta che rappresentano gli antichi abitanti del tempio. Hanno perfino ricostruito un asino e un cavallo, ma anche un asceta coperto di catene (volontariamente, per espiare). Ci sono anche vari reperti archeologici, alcuni antichissimi, di molto precedenti all'attuale tempio. Lo fa molte foto, ma purtroppo vanno tutte perse per un inspiegato problema tecnico. Solo all'uscita Lo si accorge che avrebbe dovuto pagare un biglietto e lo paga retroattivamente. La visita finisce presto, perche' la struttura non e' molto grande, ma Lo ne approfitta per vedere un quartiere azero e si aggira tra stradine sterrate, contornate da cortili e basse case. C'e' molta spazzatura in giro (al contrario del centro di Baku che e' veramente immacolato con spazzini ogni 100m) ed il tutto e' incorniciato da pompe che estraggono il petrolio. Non sembra proprio un quartiere idilliaco, ma la gente sembra contenta e serena. Sabato Lo si e' conservato un giorno in piu' (a spese sue) da dedicare interamente al turismo e ci si dedica di gusto. Sveglia al mattino presto e viaggio in bus fino a Qobustan (si legge Gobustan, accento sulla a): due bus urbani per arrivare ad un enorme centro commerciale e poi uno sgangheratissimo pulmino extraurbano per arrivare a Qobustan. Anche qui nessuno parla inglese, ma non e' difficile farsi capire: ripetere la destinazione finche' qualcuno non capisce. Per il biglietto, per fortuna i numeri sono universali. Il viaggio costa ben 1.45 manat (70 cents), incluso 1 manat di pulmino (per 60Km di viaggio). Ad un certo punto l'intero pulmino viene messo in agitazione: tutti cercano di capire a quale fermata Lo vuole scendere. Questo e' gia' piu' complicato. Uno parla qualche parola di inglese e Lo riesce a spiegargli che lui e' italiano, ma cio' non serve a molto. Alla fine Lo fa vedere su google maps del suo cellulare la sua destinazione: il museo dei petroglifi. Il suo telefono fa il giro di tutto il pulmino e tutti cercano di interpretarlo, finche' arriva all'autista che capisce e fa scendere Lo davanti ad un taxi che lo avrebbe accompagnato. Su internet c'era scritto che bisognava assolutamente mercanteggiare il prezzo del taxi prima di salirci sopra e Lo si da' da fare. Si parte da 100 manat. Il tassista non parla inglese, ma un ometto che e' li' sembra l'impresario e prende in mano la situazione. Lo non ha molta voglia di mercanteggiare e 100 manat e' una cifra senza senso (50 euro) e quindi dice di voler andare a piedi e parte deciso: mossa vincente! Il tassista capisce che Lo e' un osso duro e rilancia con 10 manat, ma solo fino al museo. Lo del resto voleva andare proprio al museo e gli va benissimo: affare fatto. Sale sulla sgangheratissima Lada e si parte. Il tassista, Baghif, e' molto simpatico. Anche se non parla inglese, riesce a farsi capire benissimo. Ha 5 figli e 55 anni. La sua Lada ne ha 39 (all'apparenza e' identica ad una fiat 124). E' orgogliosissimo della sua macchina e continua a gridare "very good taxi", accarezzando il cruscotto, lanciandosi a 80 all'ora su stradine sterrate devastate: che ammortizzatori! E' chiaro che e' una strategia per spillare piu' soldi a Lo, ma e' molto simpatico lo stesso. Arrivati ad un bivio, Baghif riesce a spiegare a Lo che il museo e' chiuso fino alle 10 (cioe' fra un'ora), perche' non andare ai famosi vulcani di fango nel frattempo? Lo annusa la fregatura ed e' irremovibile: museo e basta. Il povero Baghif allora rilancia con un'offerta irrinunciabile: 10 manat fino ai vulcani di fango. Sembra un'ottima offerta e Lo si lascia convincere. Parte di gran carriera per una strada sterrata mezza distrutta e Lo e' veramente impressionato dalla Lada. Baghif inizia la sua opera di convincimento: 10 manat per portarti su questa strada?!? Sicuramente un taxi cosi' buono merita di piu'! I turisti che vengono con la jeep pagano ben 100 manat per la visita, e cosi' via. Bisogna dire che nonostante la sua insistenza, e' molto simpatico e inoltre e' incredibile come riesca a spiegarsi senza sapere neanche una parola di inglese (per comunicare i numeri li scrive su un antichissimo cellulare nokia e si aiuta con un quadernetto a quadretti). Ad un certo punto la traccia viene abbandonata e la Lada si arrampica agilmente su un sentiero quasi verticale mezzo distrutto. Arrivati in cima ad una mesa, vediamo davanti a noi i vulcani di fango. Pare siano rarissimi e meta' di quelli conosciuti al mondo sono qui. Sono proprio dei vulcani, nel senso che il fango sgorga dal terreno con grosse bolle e crea dei coni alti anche una decina di metri. Sentiamo ribollire tutto intorno a noi e vediamo dense bolle di gas venire a galla nei crateri. Baghif spiega a gesti che la gente si copre di fango per curare i reumatismi e poi mima delle enormi esplosioni: forse ogni tanto questi vulcani saltano per aria? Il posto e' veramente surreale. Sotto di noi si apre una pianura che ricorda un po' il deserto del New Mexico, e il cielo e' azzurrissimo attraversato da basse nuvole. Poco distante c'e' il Mar d'Azov (la citta' di Qobustan e' sul mare). Sembra di essere su un altro pianeta. Ripartiamo verso Qobustan mentre Baghif ride sonoramente dicendo "ten manat!" Spiega a Lo che con 10 manat non ci paga neanche la benzina, ma Lo non ci casca (la benzina qui costa 0.9 manat al litro e il gasolio 0.6!! In Italia, ora costa attorno ad 1.4 euro, cioe' 5 volte tanto!!!!!) Lo gli ricorda che e' lui che si e' offerto di portarlo per 10 manat e Baghif finisce per abbracciarlo piu' volte ridendo di gusto: ha capito che Lo e' irremovibile. Ma cosi' non e'. Quando si tratta di pagare, Lo finisce per dargli 25 manat: se li e' sicuramente guadagnati e lo spettacolo dei vulcani li valeva tutti: grazie Baghif! Il museo e' molto ben fatto e per fortuna le spiegazioni sono anche in inglese. Spiegano che in questa area ci sono stati abitanti per migliaia di anni e spiegano i loro usi e costumi e anche come vengono datati i petroglifi. A Lo sembra un po' arbitrario: sono dei segni su una pietra, come si fa a sapere quando sono stati tracciati?!? Eppure gli archeologi sembrano abbastanza convinti (millennio piu'/millennio meno). E' buffo che, pur in un paese islamico, si usi il calendario cristiano: pero' BC qui non vuol dire "Before Christ", bensi' "Before the Common era", un buon trucco per evitare problemi religiosi e/o politici. Nel museo c'e' una chiassosa scolaresca che si diverte con un touchscreen dove compaiono degli animali e i bimbi devono premere con il dito sul petroglifo corrispondente. Molti hanno problemi nel distinguere la capra dal bue e una bimba riesce a confondere un cammello con un cervo. Chissa' se non hanno ragione i bimbi, magari. In fin dei conti i petroglifi sembrano disegni abbastanza infantili. Lo segue divertito la scolaresca che piu' avanti gli fara' un bel servizio. Per quanto il museo sia interessante, Lo e' impaziente di vedere i veri petroglifi e si incammina verso la montagna. Un paio di km piu' in la', appare un parcheggio da cui parte un sentierino che gira tra le rocce. Lo, che si aspettava qualche segnetto visibile a malapena, deve ricredersi. Le rocce sono letteralmente coperte di disegni, alcuni dei quali sono molto eleganti. I petroglifici piu' antichi pare risalgano a 16/15000 anni fa (quindici MILA!), ma ce ne sono anche molti che sono molto piu' recenti. Pare che quelli piu' antichi sono i disegni piu' grossi perche' gli uomini primitivi non avevano ancora molto potere di astrazione e quindi cercavano di riprodurre fedelmente (a dimensioni reali) quello che vedevano. Si vede tutta la storia dell'antichita': ci sono scene di caccia, si vedono delle strane armi (invenzione dell'arco?), forse degli strumenti musicali e gente che danza (invenzione della musica?) poi si vede un cane che insegue un cinghiale (addomesticazione del cane), poi si vedono animali in un recinto e buoi con una corda al collo (addomesticazione degli animali), poi un cavaliere, poi delle navi (la nave ha un sole sulla poppa: forse rappresentava la nave che trasporta il sole attraverso il cielo?). Insomma, a sentire le guide turistiche, sembra una specie di storia illustrata di tutte le maggiori scoperte della preistoria, e forse e' proprio cosi'! Ci fanno notare che le donne sono rappresentate senza testa, senza braccia e senza gambe, ma con enormi seni e pancioni gravidi. Inoltre le donne sono sempre assieme ai buoi: evidentemente le figure femminili rappresentavano la fertilita' e i buoi rappresentavano i maschi. Ci sono anche delle belle scene di danze e molti animali diversi (ma non tutti: ad esempio, non sono raffigurati pesci). Il bue selvatico (l'uro) e' estinto da lunghissimo tempo, ma e' rappresentato ovunque, tanto che si crede fosse il totem delle tribu' che abitavano qui. Altro animale evidentemente importantissimo e' la capra, che anche appare ovunque. Alcune donne in un disegno in un angolo sembrano portare dei bastoni sulle spalle, uno strumento musicale? Tutto molto bello e molto suggestivo. Le figure, soprattutto quelle stilizzate dei buoi, sono veramente molto eleganti: alcune sono tutt'altro che infantili e denotano uno stile artistico molto raffinato: altro che uomini primitivi! Anche il panorama merita molto, la giornata e' spettacolare con un cielo azzurrissimo dove corrono nuvolette bianche (per fortuna, la mattina presto c'era stata molta foschia). Lo deve ora tornare a Baku perche' ha promesso a Kenan che si fara' trovare in albergo alle 16: il direttore forse vuole portare Lo a cena fuori. Non ci sono taxi al parcheggio dei petroglifi e Lo non ha molta voglia di farsi 6km a piedi fino al paese. Chiede al maestro che accompagna la scolaresca se gli possono dare un passaggio fino al paese con lo scuolabus. Ovviamente non parla l'inglese e c'e' qualche problema perche' Lo gli dice "Qobustan" intendendo il paese e lui capisce il "Qobustan" dei petroglifi. Quando l'equivoco si chiarisce (basta indicare il paese con il dito, dicendo Qobustan), lui senz'altro acconsente. Lo sale nell'autobus in un coro di "Hello!" di tutti i bimbi accatastati uno sull'altro: non solo non c'e' piu' un posto libero, ma molti bimbi sono seduti in braccio l'uno all'altro. Una bimba gentilissima si alza da uno sgabellino di plastica e lo offre a Lo, rimanendo in piedi. L'atmosfera e' molto allegra con una bimba scatenata che balla al suono della musica del suo cellulare, ma le maestre sembrano un po' imbarazzate: forse e' perche' non riescono a comunicare con Lo? Comunque arriviamo presto a Qobustan paese e il maestro sfodera due parole di inglese: "Qobustan, my friend" con un sorriso smagliante. Lo ringrazia di cuore e scende dall'autobus in un coro di "Goodbye" di tutti i bimbi che lo salutano agitando le mani, che buffi. Lo si dirige ad un "Market" dove compra un succo di frutta e dei biscotti per colazione (anche se ormai sono le 14). Preso dalla curiosita' si dirige verso le sponde del "mare". Il mare e' totalmente ignorato dal paese: tutte le case migliori si affacciano sull'autostrada e solo le case di periferia sono sul mare. Nessuna ha le finestre sul mare, ma i cancelli del retro. Evidentemente il mare non e' interessante per gli abitanti di Qobustan. In effetti la discesa che porta al mare e' un immenso immondezzaio, cosi' come il ruscelletto di acqua fetida che esce dal paese. Lo scende sulla "spiaggia" che e' una specie di palude fangosa e arriva fino al mare, masticando biscotti. Poi torna indietro, attraversando il paese. Enormi condomini soviet si alternano a cortili chiusi e casette basse, le strade tutte sterrate, qualche gallina starnazza dai cortili. Appena Lo arriva alla fermata, passa l'autobus. I mezzi pubblici sono efficientissimi qui. In tutta la settimana Lo non ha mai dovuto aspettare piu' di 5 minuti, e di solito il bus o la metro arrivano immediatamente. Anche il bus di ritorno e' sgangheratissimo e si ferma allo stesso bazar dell'andata. Lo ha ancora un po' di tempo e decide di curiosare. Il posto e' incredibile, una serie di enormi (enormi!) capannoni industriali e' stata trasformata in una quantita' incredibile di negozietti tutti piu' o meno uguali. Ci saranno almeno 5000 negozi qui dentro, alla faccia del centro commerciale. Piu' della meta' sono negozi di vestiti e sembrano tutti assolutamente identici: chissa' che concorrenza. Masse di persone si aggirano per chilometri di corridoi dei magazzini su cui si affacciano i negozi. Lo non riesce a trovare un singolo negozio che venda qualcosa che gli possa minimamente interessare, ma e' divertente studiare le persone e le facce della gente impegnata nello shopping. Davanti ad un negozio di vestiti, in mezzo ad una musica assordante, tre ragazze molto carine fanno finta di fare una sfilata di moda, mentre un'altra ragazza fa la fotografa: certo un bel modo di fare pubblicita' al proprio negozio. Lo rientra all'albergo e Kenan gli comunica che il prof ha avuto un problema familiare e quindi niente cena assieme. Poco male: Lo scatta nuovamente sulla metropolitana e si dirige al palazzo di Zaha Hadid. Rimane a bocca aperta. E' molto piu' bello del Maxxi di Roma, veramente un palazzo incredibile. Dalla forma slanciata e di un improbabile bianco accecante. Lo prova anche ad entrare ma purtroppo e' gia' chiuso e le guardie sono irremovibili, no: non si puo' entrare a dare una sbirciata. Lo si accontenta di stare fuori a girare a naso all'insu' ad ammirare le improbabili geometrie. C'e' una fontana bellissima, dove un velo d'acqua scorre su una superficie corrugata appositamente per emettere uno scroscio continuo, molto musicale. Evidentemente e' il luogo delle foto di matrimonio, perche' c'e' una sfilata ininterrotta di auto matrimoniali, tutte bianche con dei cuori di fiori rossi sul cofano (che sembrano quasi corone funebri!). Una jaguar ha anche un enorme pacchianissimo fiocco rosso sul baule. Moster, cosa ne pensi per le tue celebrazioni? Lo e' abbastanza demolito ormai: che giornata! Le sue dita dei piedi si sono staccate e sciacquettano dentro agli scarponi e i suoi polpacci si sono totalmente sfibrati. Riesce a trascinarsi fino all'albergo, fermandosi ad un piccolo kebabbaro. Ce n'e' uno ogni cento metri a Baku, ma il "kebab" di dice "doner", per loro "kebab" e' un'altra cosa, come in Iran. Qui Lo deve ordinare una cosa a caso perche' nessuno parla una parola di inglese, ma gli va bene: arriva un panino kebab di pollo da un metro di diametro! Ottimo modo di finire la visita in Azerbaijan!
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